LA MEMORIA DEGLI ELEFANTI I am Spartacus - Eroi, valorosi e valori Un Festival Letterario nel segno del mito

 

 LA MEMORIA DEGLI ELEFANTI

 am Spartacus - Eroi, valorosi e valori

 Un Festival Letterario nel segno del mito 

 

 Arena Spartacus - Anfiteatro Campano

Santa Maria Capua Vetere 

 

 Presentazione del progetto culturale

 Mito, dal greco mythos, vuol dire racconto, parola. E proprio da una frase abbiamo voluto cominciare: amSpartacus” (“Io sono Spartacus”). La frase pronunciata dai gladiatori vinti e destinati al supplizio nella celebre pellicola di Stanley Kubrick (Spartacus, Usa 1960)dedicata al leggendario schiavo tracio che proprio nell’anfiteatro dell’antica Capua (l’attuale Santa Maria Capua Vetere) diede inizio a quella che è considerata la prima rivoluzione della storia. 

 Una frase che ha lasciato una traccia indelebile: “Io sono Spartaco” era stata la risposta dei compagni dell’eroe alla domanda dell’ufficiale romano che voleva identificarlo (lui si era consegnato per primo per cercare di salvare i suoi amici). Una frase che li trasforma tutti in eroi: pronti a morire per il loro comandante, per il loro sogno di libertà, per andare sino in fondo.

 

Partecipazione, fratellanza, comunanza, spirito di corpo, solidarietà, fiducia, coraggio: la violenza non li avrebbe divisi. Duemila anni dopo una scritta, come è noto, ha riecheggiato quei sentimenti: “Je suisCharlie”. Corsi e ricorsi. Gli uomini cambiano (un po’) la storia meno (Vico docet), ma le vicende storiche diventano simboliche si trasformano in fondamentali coordinate per la navigazione interiore dell’umanità

 

Sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi, fece dire Bertold Brecht - nella “Vita di Galileo” - al grande scienziato (uno dei padri della modernità) dopo l’umiliante abiura di fronte al Tribunale dell’Inquisizione, in risposta al suo interlocutore, il quale, in preda alla delusione, aveva detto “Sventurata la terra che non produce eroi”. Geniale quanto triste rivelazione sulla misera condizione delle terre che “hanno bisogno di eroi” a causa della mediocrità morale del conformismo di massa e del pavido e miope egocentrismo spesso nascosto dietro la facciata delle dichiarazioni d’intenti. Anche per questo, quel leggendario “am spartacus” oggi suona come un gesto estremo, ma necessario per ritrovare la memoria smarrita insieme alle passioni e ai valori, per ritrovare la forza di tenere la schiena dritta anche e soprattutto tra le macerie

 Una frase che rimbomba nella dolente terra dove è nato il mito di Spartacus, quella Campania Felix(fertile) oggi avvelenata da immondizie materiali (roghi e diossine) e umane (camorristi e mafiosi)Una frase che riecheggia come archetipo del tempo mitico(che in quanto tale è eternamente presente), arcaica immagine del mito che, come ebbe a ricordare Bronislaw Malinowski, resta “un ingrediente vitale della civiltà umana”. 

 La memoria degli Elefanti vuol dire allora ritrovare la memoria con una mobilitazione culturale che risvegli la coscienza civile di un territorio martoriato da camorra e rifiuti.

 Boicottato e considerato socialmente pericoloso (lo sceneggiatore americano Dalton Trumbo fu costretto a scrivere sotto falso nome perché finito nel mirino della commissione McCarthy), il film di Kubrick - con Kirk Douglas nei panni del leggendario condottiero - uscì dal cono d’ombra solo quando l’allora presidente Usa, John Fitzgerald Kennedy, si recò a vederlo e manifestò pubblicamente il suo apprezzamento. 

 E l’idea di una mobilitazione culturale - sotto forma di una rassegna di letteratura e molto altro - nasce da lì, dalla consapevolezza che quella frase, una denuncia e un appello allo stesso tempo, oggi possa e debba essere usata per riprendere il filo di un discorso interrotto. Per provare a ritrovare la memoria, magari quella degli elefanti di Annibale, un altro glorioso condottiero che nell’antica Capua trovò le ragioni di una lunga pausa di riflessione. 

 La memoria di tutto quello che è stato sepolto nelle paludi dell’egoismo affaristico e speculativo; la memoria di quello che si nasconde sotto lo strato delle cose facili e dei ricordi dell’effimero e dell’inconsistente; la memoria della narrazione del passato, cioè le fondamenta di ogni futuro possibile. Perché, al di là di ogni inevitabile rischio di retorica, gli eroi costituiscono un perenne invito ad un esame di coscienza - personale e collettivo - e devono continuare a esercitare il loro ruolo nel sentimento dei popoli e nell’immaginario collettivo. Qui più che altrove. Oggi più che mai.

 Fin qui lo sforzo di chi ha immaginato la creazione di un’opportunità per far incontrare chi non si è arreso all’arroganza dei prepotenti, chi non è scappato dal vuoto della mediocrità, chi non si è rassegnato al degrado. Il resto lo faranno scrittori, intellettuali, magistrati, docenti universitari, giornalisti, artisti e tutti quelli che ogni anno aderiranno alla manifestazione, nel segno del mito della parola scritta e parlata - romanzi, racconti, saggi, performance, reading - ma anche della musica e dell’arte.

 L’idea è partita con un’edizione pilota, un numero zero nell’Ottobre 2015, con quattro giorni di appuntamenti culturali senza confini per far riecheggiare la frase “amSpartacus” dalla sua arena al resto della Campania e del mondo. Ed è stata una edizione “prova” che ha raccolto oltre duemila spettatori e ha messo insieme autorevoli esponenti di rilievo nazionale e internazionale del mondo della cultura e della società civile. 

 

 


Gli speaker della prima edizione
Massimo Adinolfidocente di Filosofia teoretica all’Università degli Studi di Cassino e consigliere del Ministro della Giustizia

Giuliano Balbi, professore ordinario di Diritto penale alla Seconda Università degli Studi di Napoli

Massimo Bray, già Ministro per i Beni e le Attività Culturali

Federico Cafiero De Raho, procuratore Capo della Repubblica di Reggio Calabria

Massimo Capaccioli, professore emerito di Astrofisica all’Università degli Studi di Napoli Federico II

Gennaro Carillo, professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università Suor Orsola Benincasa

Maurizio Cerino, giornalista de “Il Mattino”

Rosanna Cioffi, Pro Rettore della Seconda Università degli Studi di Napoli

Donato Cutolo, scrittore e musicista

Aldo De Chiara, Avvocato generale dello Stato presso la Corte di Appello di Salerno

Francesco De Core, scrittore e giornalista de “Il Mattino”

Maurizio De Giovanni, scrittore

Mariavaleria del Tufo, Pro Rettore e direttore della Scuola di Specializzazione per le professioni legali dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli

Ludovico Docimodirettore del Dipartimento Universitario di Scienze Mediche e Chirurgiche della Secondo Università degli Studi di Napoli

Natascia Festa, scrittrice e giornalista de “Il Corriere del Mezzogiorno”

Geppino Fiorenza, Libera Associazioni, nomi e numeri contro le mafie

Massimo Lo Cicero, economista

Marco Lombardi, docente di Cinema ed Enogastronomia alle Università La Sapienza di Roma e IULM di Milano e fondatore della Cinegustologia

Adriana Maestro, presidente dell’Associazione Culturale Giancarlo Siani

Raffaello Magi, consigliere della Suprema Corte di Cassazione e giudice estensore della sentenza di primo grado del processo Spartacus

Andrea Manzi, scrittore

Elisabetta Montaldo, scrittrice

Oscar Nicolaus, psicoterapeuta

Roberto Paolo, scrittore e vicedirettore del quotidiano “Roma”

Marco Perillo, scrittore e giornalista de “Il Mattino”

Vincenzo Pezzella, consigliere della Suprema Corte di Cassazione

Luigi Riello, Procuratore Generale della Repubblica di Napoli

Isaia Sales, scrittore e docente di Storia delle Mafie all’Università Suor Orsola Benincasa

Gaetano Savatteri, giornalista Mediaset e direttore di Trame - Festival dei Libri sulle Mafie

Ignazio Senatore, psichiatra e fondatore di “Cinema e Psicanalisi”

Eduardo Scotti, segretario generale dell’Associazione “Parco della Memoria della Campania” e fondatore del Museo dello Sbarco di Salerno

Camilla Sgambato, membro della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati

Claudio Silvestri, segretario generale del Sindacato Unitario dei Giornalisti della Campania

Stefanie Sonnentag, giornalista e storica dell’arte

Maarten van Aalderencorrispondente del quotidiano olandese “De Telegraaf”, già presidente dell’Associazione della Stampa Estera in Italia

Antonello Velardi, caporedattore centrale del quotidiano “Il Mattino”

Paola Villani, presidente del Corso di Laurea in Progettazione gestione del Turismo culturale dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli

Giuliano Volpe, presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici, 

Mariella Utili, il direttore del Polo Museale della Campania,

 

Le partnership della prima edizione

 Amico Bio - Azienda Agricola Biologica

Arte’m 

Associazione Culturale Giancarlo Siani

La bottega dei saperi e dei sapori della legalità

La Colombaia - Bioresort e Centro Congressi

La Cooperativa Sociale “Le Terre di Don Peppe Diana

Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le Mafie

Spartacus Arena 

Trame - Festival dei Libri sulle Mafie

 

L’anfiteatro campano

 

L’anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere, il secondo in ordine di grandezza tra tali tipi di monumenti nell’Italia antica dopo il Colosseo (m 165 sull’asse maggiore, m. 135 su quello minore a livello dell’arena), fu innalzato tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C. in sostituzione dell’arena meno capiente risalente ad età graccana, i cui resti sono stati individuati a Sud-Est. Della sua vicenda edilizia informa un’iscrizione dedicata da Antonino Pio, in parte conservata presso il Museo Provinciale Campano, nella quale si fa menzione dei restauri del colonnato e del nuovo arredo scultoreo fatti eseguire dall’imperatore Adriano. L’edificio, in genere adibito agli spettacoli gladiatori, presentava in origine i quattro ordini canonici (ima, media e summa cavea, attico) di spalti, accessibili attraverso scale interne ed esterne, impostati su altrettanti livelli di gallerie in opus latericium comunicanti, e si apriva in facciata con ottanta arcate realizzate in blocchi di calcare di uguale ampiezza ad eccezione di quelle poste in corrispondenza dei quattro punti cardinali, coincidenti con gli ingressi principali. Esse erano enfatizzate dalla presenza di semicolonne appoggiate ai pilastri in ordine tuscanico, come quelle in parte conservate all’entrata orientale. Le chiavi d’arco dei primi due ordini di archi della facciata erano arricchite da 240 busti a rilievo di divinità, tra le quali: Giove, Giunone, Demetra, Diana, Mercurio, Minerva, Volturno, Apollo, e Mitra, oltre a teste di Pan, satiri e maschere teatrali, nel terzo ordine; di esse se ne conservano solo 20 in loco, poche altre al Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed al Museo Provinciale Campano, mentre la gran parte furono poi riutilizzate come materiali di spoglio. Il perimetro esterno della platea che circonda l’edificio, realizzata in blocchi di calcare in fasce concentriche, era delimitata da cippi lisci e scolpiti, di cui se ne conserva solo uno con l’immagine a rilievo d’Ercole sulla facciata verso l’anfiteatro ed un altro con Silvano sulla facciata esterna; tra i cippi erano installate transenne per separare il marciapiede dall’area circostante. 

 

Le gradinate della cavea erano rivestite in marmo e la summa cavea era sovrastata da un portico ornato con statue e colonne. Le parti ornamentali sono andate quasi tutte perdute ad eccezione di una Venere, il c.d. Adone ed il gruppo di Amore e Psiche; si sono invece conservati i plutei frontonali e le balaustre dei vomitoria (varchi di accesso agli spalti. I primi, collocati in origine sull’architrave della porta, mostrano scene mitologiche e di carattere commemorativo a rilievo; le altre, poste come corrimano ai lati degli ultimi scalini, erano scolpiti su entrambi i lati con animali esotici o con scene di caccia tra animali. Il piano dell’arena era costituito da tavoloni di legno cosparsi di sabbia per consentire lo svolgimento dei combattimenti, al si sotto del quale si sviluppavano i sotterranei, comunicanti tra loro mediante corridoi ed accessibili attraverso quattro scalette presenti negli ambienti di servizio, ubicati dietro il podio ed utilizzati per i macchinari e gli apparati scenici. 

 L’ingresso principale che consentiva di raggiungere i sotterranei e di condurvi le gabbie degli animali senza passare dai porticati è collocato invece sul lato occidentale. Sul lato orientale si trovava anche un condotto di collegamento ad una cisterna costruita in opus reticulatum, nella quale si raccoglieva l’acqua per la pulizia dei sotterranei. Al V-VI secolo d.C., inoltre, risale una cappella ricavata nella seconda navata a Nord dell’ingresso occidentale. L’anfiteatro nel 456 d.C. subì rovinose distruzione durante il saccheggio di Genserico, ma fu riparato nel 530 d.C. Durante il dominio gotico e longobardo l’edificio continuò ad avere funzione di arena; poi, dopo la distruzione della città nell’841 d.C. ad opera dei Saraceni, venne trasformato in una fortezza. 

 A partire dal periodo della dominazione sveva divenne cava di estrazione di materiali lapidei reimpiegati nella costruzione degli edifici della città. Parzialmente scavato tra il 1811 ed il 1860, fu definitivamente liberato dagli enormi ammassi di terra tra il 1920 ed il 1930, con numerosi successivi interventi di restauro conservativo nel tempo.

 

Gli autori del progetto

 Roberto Conte, Project manager e direttore della comunicazione del Festival

Antonio Emanuele Piedimonte, Direttore artistico del Festival

Bruno Zarzaca, Fondatore dell’Arena Spartacus

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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