O’Pizzaiuolo, un’arte patrimonio dell’Umanità, racconta le storie dei pizzaiuoli e come nasce la passione per questo mestiere




Ragazzi cresciuti a pane e impasti. Con vite trascorse tra i banconi delle pizze più che tra i banchi di scuola. Con notti insonni passate a far crescere "la pasta" e storie dure tra sacchi di farina e stenti. Quello andato in scena ieri alla Sala Santa Maria La Nova ad opera dell'APN e della Squisito Eventi è stato un dialogo a più voci, ma con una lingua sola: quella del pizzaiuolo. Un racconto in cui gli uni si sono ritrovati con gli altri rispecchiandosi nella stessa realtà e un trascorsi comuni. Il bello di "Pizzaiuolo stories", è stato proprio questo: creare emozione facendo riemergere ricordi di famiglia. E negli aneddoti raccontati da 40 protagonisti di questo mondo, ripresi integralmente da Sergio Miccù, presidene dell'Associazione pizzaiuoli napoletani nel suo libro "O' Pizzaiuolo" (disponibile da Feltrinelli),  c'è stata la piena presa di coscienza di percorsi di vita molto simili tra loro.

Un mestiere, quello del pizzaiuoo, da due anni riconosciuto come arte, ma non ancora asceso al rango di professione. Non a caso, nel suo intervento, tra gli scranni che normalmente ospitano i consiglieri della Città Metropolitana di Napoli, proprio Miccù ha rincarato la dose: "Il tema del futuro è proprio quello di una qualifica professionale riconosciuta dallo Stato che ancora manca”. Una affermazione che ha fatto scattare l'applauso delle 40 giacche bianche presenti all'evento, nonostante la contemporanea partita del Napoli e una città paralizzata dal traffico dovuto a manifestazioni di protesta e al contemporaneo evento sportivo.

"Il Napoli oggi ha segnato 4 goal e noi ne abbiamo fatti 40", hanno detto in coro i protagonisti dell'evento.

La vendita del libro servirà anche a finanziare il restauro della chiesa Santa Maria Stella Maris affidata all'Associazione I Sedili di Napoli, una Onlus presieduta da Giuseppe Serroni.

C’è un ruolo che spetta ai pizzaiuoli dopo il riconoscimento Unesco: contribuire, aldilà degli stereotipi, alla crescita di Napoli nel mondo. Se la loro arte – ha detto Sergio Miccù spiegando le ragioni del volume nel corso del dibattito coordinato dal giornalista Luciano Pignataro - è un bene dell’Umanità, allora quell’arte, deve servire a fare da collante alle tante straordinarie risorse della nostra terra già riconosciute come patrimonio mondiale e ad alimentare turismo. E’ per questo che il ricavato del libro andrà all’Associazione I Sedili di Napoli, con la quale più volte come APN abbiamo collaborato, per contribuire al restauro di una delle tante chiese abbandonate ubicate ai Decumani, ossia nello straordinario Centro Storico di Napoli, già patrimonio Unesco. Con il presidente della Onlus, Giuseppe Serroni, abbiamo individuato la chiesa Stella Maris. Il libro – ha precisato Miccù – non è una classifica o una premialità, ma solo una raccolta di esperienze dirette che mi sono state privatamente fatte nel corso della mia esperienza di presidente dell’Associazione pizzaiuoli e che ho voluto, con il consenso dei protagonisti, rendere pubbliche proprio per spiegare perché era giusto e ci siamo impegnati tanto per garantire a quest’arte il riconoscimento dell’Unesco. Siamo convinti che i racconti dei pizzaiuoli, con i loro aneddoti e i loro ricordi, possano trasferire al lettore, ma anche ai consumatori, il valore di quel disco di pasta che non è solo una pietanza, ma è la cultura stessa di Napoli”, ha concluso Sergio Miccù. 

Un quadro che coincide con l’idea del neoassessore al’Assessore al Commercio del Comune di Napoli: “L’arte nella manipolazione della pizza è ciò che rende unica la figura del pizzaiuolo napoletano, custode di una delle più antiche tradizioni che si tramanda da secoli da padre in figlio, da maestro ad apprendista. In più Napoli è un caso unico in cui si fa un'esperienza culturale anche andando a mangiare una pizza”.


C’è un ruolo che spetta ai pizzaiuoli dopo il riconoscimento Unesco: contribuire, aldilà degli stereotipi, alla crescita di Napoli nel mondo. Se la loro arte – dice Sergio Miccù spiegando le ragioni del volume - è un bene dell’Umanità, allora quell’arte, deve servire a fare da collante alle tante straordinarie risorse della nostra terra già riconosciute come patrimonio mondiale e ad alimentare turismo. E’ per questo che il ricavato del libro andrà all’Associazione I Sedili di Napoli, con la quale più volte come APN abbiamo collaborato, per contribuire al restauro di una delle tante chiese abbandonate ubicate ai Decumani, ossia nello straordinario Centro Storico di Napoli, già patrimonio Unesco. Con il presidente della Onlus, Giuseppe Serroni, abbiamo individuato la chiesa Stella Maris. Il libro – ha precisato Miccù – non è una classifica o una premialità, ma solo una raccolta di esperienze dirette che mi sono state privatamente fatte nel corso della mia esperienza di presidente dell’Associazione pizzaiuoli e che ho voluto, con il consenso dei protagonisti, rendere pubbliche proprio per spiegare perché era giusto e ci siamo impegnati tanto per garantire a quest’arte il riconoscimento dell’Unesco. Siamo convinti che i racconti dei pizzaiuoli, con i loro aneddoti e i loro ricordi, possano trasferire al lettore, ma anche ai consumatori, il valore di quel disco di pasta che non è solo una pietanza, ma è la cultura stessa di Napoli”, ha concluso Sergio Miccù. 

Un quadro che coincide con l’idea del neoassessore al’Assessore al Commercio del Comune di Napoli: “L’arte nella manipolazione della pizza è ciò che rende unica la figura del pizzaiuolo napoletano, custode di una delle più antiche tradizioni che si tramanda da secoli da padre in figlio, da maestro ad apprendista".

Anche Flavia Sorrentino, responsabile del progetto “Scegli Napoli” e da sempre fervida sostenitrice della tutela dell’arte del pizzaiuolo, ha parole di grande efficacia: “la pizza – dice – non è solo un buon alimento, ma l’incarnazione del genio creativo di Napoli. Valorizzare le nostre eccellenze è fondamentale per conservare la memoria delle tradizioni e creare, nello stesso tempo, nuove opportunità di sviluppo”. 

"Grazie al contributo dell'APN, il restauro della chiesa neogotica di Santa Maria Stella Maris - ha detto Giuseppe Serroni - concorrerà al recupero non solo delle memorie storiche e devozionali, ma potrà rappresentare anche un volano di sviluppo per i giovani che fanno riferimento all'Associazione I Sedili di Napoli e del quartiere Pendino".

La prefazione del libro, affidata a Pier Luigi Petrillo, UNESCO Chair Holder in Patrimonio culturale immateriale e Diritto Comparato dell’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza è una ulteriore spinta verso il futuro: “La data del riconoscimento, non è stata un punto d’arrivo ma ha rappresentato - si legge - un punto di partenza per la comunità partenopea che assieme continua ancora a cooperare per rafforzare il processo di valorizzazione di questa conoscenza tradizionale che per i pizzaiuoli non è mero folclore ma anima e cuore della sua identità, da proteggere e salvaguardare dal lato oscuro della globalizzazione”. 

Erano presenti l'imprenditore Antimo Caputo del Molino Caputo: " siamo orgogliosi di sostenere l'associazione pizzaiuoli napoletani: girando il mondo - ha detto - voi tutti ci rappresentate e valorizzate il nostro territorio"; il referente del caseificio Orchidea, Raffaele Maiello: "la bellezza di questo libro - ha evidenziato nel corso dell'intervento - è mettere in risalto chi ogni giorno realizza quel lavoro"; l’azienda agricola conserviera Ciao Pomodorini; Giuseppe Russo Krauss inventore di ScugnizzoNapoletano: "vedere tante giacche bianche tutte insieme mi ha riempito di gioia, così come sapere che il mio forno può essere uno strumento per la valorizzazione di questa arte laddove non possa essere utilizzato il forno a legna”.

Il volume è edito da Gm Press. La comunicazione dell'evento "Pizzaiuolo Stories" è stata curata da Bc Communication Services.

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ELENCO ANEDDOTI

O sapore è comme l’ammore:

nun se scorda cchiù” - Carmela Abbate Zi’ Teresa


Non uso a caso la parola “passione” quando parlo della

pizza. Ad un anno di vita già vivevo nella pizzeria dei miei

genitori. Mi è capitato di dormire nei contenitori di legno

dove si metteva l’impasto. - Attilio Albachiara – Attilio Albachiara Pummarò



Mi ritrovai a Porto Cervo da “pizzaiuolo piccolino”

a “pizzaiuolo stimato. Ho avuto l’occasione di cucinare per VIP importanti del calibro di

Tomas Milian, Giuseppe Bruscolotti e Gloria Guida ma amo accontentare chi mangia senza glutine. Marco Amoriello – Guappo Amoriello 


Fantasia, passione,

duro lavoro e tanta formazione sono i valori fondamentali

per noi. Per le nostre pizze, utilizziamo ancora i metodi

di preparazione insegnati dalla tradizione. Ci divertiamo

però a rendere particolari i cornicioni attraverso forme a

stella o con ricercati abbinamenti. Attilio Bachetti – pizzeria da Attilio


E cominciai a maneggiare

i primi impasti così piccolo da aver bisogno di una

cassetta delle birre sotto ai piedi per poter raggiungere il

bancone da lavoro – Vincenzo Capasso, pizzeria Capasso


Uno dei momenti che ricordo con maggior piacere è

stato durante il mio soggiorno a New York, da Eataly

Rossopomodoro. Ad un certo punto, noto qualcuno

sedersi davanti a me. Un volto che mi sembrava di

riconoscere. In effetti, sapevo chi era, l’avevo visto

spesso nei video musicali in tv: si trattava di Chris Brown!

Fece la fila e mangiò una marinara. Una cosa che non

capita tutti i giorni di vedere. - Vincenzo Capuano, pizzeria Capuano


casa Sanremo,

un evento che mi ha permesso di avere innumerevoli

contatti con molte personalità di spicco, rendendo la sede

di Napoli punto di ritrovo per le celebrità. Pino Celio, Pizzeria Lucignolo


Il nome “Università della pizza” nasce proprio a causa

di questa diversità. Cercavamo un modo originale per

sottolinearla e abbiamo pensato che, in un certo senso,

i pizzaiuoli che lavorano a questo tipo di prodotto sono

come “maestri” in quanto esperti di una disciplina

diversa da quella tradizionale. Negli anni, questa

particolarità ha attratto ogni genere di clienti, anche

tanti personaggi famosi. Presidenti, attori che hanno

fatto la storia del cinema come Gina Lollobrigida, oltre a

tanti calciatori del Napoli. Oggi il locale gode di grande

visibilità e successo. Ogni fine settimana, si superano

anche i mille coperti in una sola sera. - Raimondo Cinque, Gigino Pizza a Metro l’Università della pizza


Nell’arco del tempo, grazie ai tanti viaggi affrontati per

via dell’apertura di diverse sedi di Rossopomodoro in

giro per il mondo, ho avuto l’opportunità di vivere tre

anni a New York. È stata una esperienza straordinaria.

La Grande Mela è uno dei luoghi più affascinanti del

mondo. In quella sede – sulla 5th Avenue – ho avuto il

piacere di cucinare pizze a diversi VIP come ad esempio

Gwyneth Kate Paltrow, il mitico Fonzie di Happy Days,

J-C, Beyoncé e tantissimi altri ancora. - Davide Civitiello


Uno dei momenti più importanti della mia carriera di

pizzaiuolo è legato ai miei genitori. Ricordo, infatti, che

un giorno mia madre mi chiese di darle una mano vicino

al forno della pizzeria, nonostante fossi completamente a

digiuno del mestiere. Fu come un esame a freddo. Si può

facilmente immaginare l’esito di questa performance. Non

avendo alcuna dimestichezza, il risultato fu disastroso.

La cosa però più incredibile fu che, tra pizze bruciate

e mal riuscite, scoprì proprio allora la mia passione per

l’arte della pizza napoletana. Amavo quel mestiere.

Volevo diventare un pizzaiuolo.

Successivamente, mio padre mi ha fatto lavorare al

suo fianco cominciando a battere gli impasti. Da quel

momento, cominciò la mia carriera. Devo tutto ai miei

genitori. Sono stati loro ad insegnarmi i segreti e l’arte di

questa tradizione. - Maurizio Condurro



è verace anche nella scelta fatta per i nomi,

come ad esempio la pizza “Maradona”, creata da mio

padre in onore dello scudetto vinto dal Napoli nel 1987,

che fu servita per l’occasione ai clienti ornandola con il

mitico numero 10. - Gennaro Costa , pizzeria Vincenzo Costa


Abbiamo diverse specialità per i nostri clienti, come

il classico crocchè o la zeppola, ma il prodotto più

richiesto e che meglio incontra i gusti delle persone è il

calzone fritto, ovvero la cosiddetta mezza luna. La ricetta

è stata creata grazie a mio nonno che, nei lontani anni

Cinquanta, friggeva pizze in strada con il suo carrettino.

Uno street food ai primordi. - Fabio Cristiano pizzaria da Gennaro


Quando andavo ancora a scuola, ricordo che mio padre,

nel 1980, costruì sul terreno di famiglia un palazzo che

poi fu demolito. Fu un giorno bruttissimo per noi. Da

allora – per un periodo abbastanza lungo – andammo

a dormire in un deposito di patate. Chiunque si sarebbe

depresso e non nego che un certo abbattimento ci

colpì tutti quanti ma, grazie alla determinazione di mio

padre, portammo avanti l’attività di vendita di pizze fritte

per strada. Io e mio fratello diventammo più presenti e

lo affiancammo nel lavoro quotidiano, subito dopo la

scuola. Da un furgone passammo a tre. Io, mio padre

e mio fratello vendevamo fritture in punti strategici della

città. Man mano, con tanto sacrificio, abbiamo realizzato

nuovamente il suo sogno. La pizzeria Ermenegildo. - Ferdinando De Giulio, pizzeria Ermenegildo


nella semplicità di questa povera

ma sostanziosa ricetta, ritrova il gusto che ha fatto amare

la cucina veloce delle donne napoletane dei tempi che

furono. La nostra pizza fritta può essere considerata

come il fiore all’occhiello tra le portate del menù della

pizzeria Pellone, perché buona e fatta come un tempo,

farcita al centro e chiusa a “battilicchio” ed esaltata dalla

provola filante del ripieno. Gli ingredienti per realizzarla

sono ricotta, provola, ciccioli e pepe. - Domenico De Luca, pizzeria Pellone


In questi gli anni, ho avuto modo di cucinare per diversi

VIP e realizzare feste private per personaggi del mondo

della politica. Ma i ricordi più belli sono, ovviamente,

legati alle varie vittorie in diversi concorsi a cui ho

partecipato. Ivan Di Leva Basilico di buona pizza gourmet


Durante la sua visita a Napoli per il G7 del 1994, l’ex

presidente degli USA Bill Clinton, percorrendo le

strade del centro storico, fu tanto attratto dalla vetrina

dell’antica pizzeria da non poter resistere alla tentazione

di assaporare una pizza da asporto dei fratelli Di Matteo.

Chiese egli stesso ad uno dei dipendenti al lavoro in quel

momento la famosa pizzetta, offrendosi di pagare con

un dollaro americano. Con grande stupore ed emozione,

lo staff offrì ovviamente la pizza al presidente, che intanto

aveva attirato alle porte del ristorante una folla di curiosi

tale da bloccarne l’entrata. L’episodio, che fu raccontato

dalla stampa internazionale, è diventato con gli anni uno

dei più bei ricordi per questa pizzeria. Adele Di Matteo, pizzeria Di Matteo


Come il sapore della pizza preparata da mio

papà Salvatore, alla quale non ho mai saputo resistere.

Da piccolo, aspettavo emozionato il momento in cui,

con la sua pala, tirava dal forno quel cibo dal profumo

unico ed inebriante. All’epoca, quel piatto mi sembrava

un incantesimo. Restavo ore ed ore ad osservare quel

prodigio quando, sgattaiolando dalla scuola elementare

dove studiavo, raggiungevo la pizzeria Trianon dove papà

era a lavoro. Una mattina mio padre se ne accorse. Avevo

solo otto anni ma le idee già chiare. Mi giustificai con

mio padre, piuttosto arrabbiato, dicendo che preferivo

guardarlo all’opera piuttosto che stare a scuola. Vincenzo Esposito, pizzeria Carmnella


La vita mi ha messo a dura prova. Oggi mi conoscono

come Campione Mondiale, ma il mio percorso è stato

una strada non priva di buche. Uno dei momenti più

importanti è stato quando, nel 1991, ho deciso di

rilanciare la pizzeria di mia madre. Tutto ciò l’ho fatto per

passione e con amore.

Ricordo bene quando ho raggiunto il mio apice come

pizzaiuolo. Era un giorno qualunque, nella pizzeria. Io

stavo preparando gli impasti per le pizze. Mio nipote

Umberto (si chiama come me) prese una sedia dai tavoli

nella sala, ci salì sopra, raggiunse il banco e, per imitarmi,

cominciò a creare palline con l’impasto della pizza. Fu un

momento bellissimo. Mi fece capire che l’impegno e la

passione di una vita intera non sarebbero andati perduti.

La tradizione di famiglia aveva un nuovo, giovanissimo

erede. Umberto Fornito, Antica Pizzeria Frattese


Ricordo ancora che i primi ad assaggiare le nostre pizze

e ad amarle sono stati gli abitanti di Portici, assidui

frequentatori della pizzeria ‘take away’ fin da quando,

ancora inesperto, mi avvicinavo con passione e dedizione

alla professione, affiancando mio padre e dandogli

supporto nell’enorme quantità di lavoro giornaliera.

All’epoca, la nostra vetrina veniva presa d’assalto dai

clienti, che facevano a gara per acquistare i saporitissimi

e fragranti sfizi di friggitoria, ideali per mettere a tacere

al volo la fame o come perfetto antipasto di una buona

pizza. Il ricordo è sempre forte. Oggi, a pochi metri

di distanza da quella sede, io e mio fratello abbiamo

fondato un nuovo e moderno locale che, dal primo

piano della storica e caratteristica palazzina al civico 204

affaccia con la sua terrazza sempre in via Armando Diaz.

Nella nuova pizzeria, due sale accoglienti danno modo

ai clienti di godere delle premure dello staff del locale,

assaporando così al meglio i loro piatti preferiti. Simone Fortunato, pizzeria Diaz



All’epoca, tutti i personaggi della Rivista, Totò e Macario

compresi, divennero ospiti assidui della pizzeria. Questo

faceva in modo da attirare al locale folle di gente. Giuseppe Furfaro, pizzeria Trianon da Ciro


Un bellissimo ricordo è legato ad una gara a Montecarlo.

Il tema principale era “i prodotti della tua terra” e, con

uno spirito anche un po’ goliardico, realizzammo stesso

al momento una pizza con noci di Sorrento, pomodorini

del Piénnolo del Vesuvio e provola di Agerola. Fu

una pizza sperimentata da noi per la prima volta. La

particolarità risiedeva proprio nel fatto che tutti i prodotti

utilizzati erano originari della Campania. Un ottimo modo

per sponsorizzare la nostra terra.

Inoltre, nostro padre partecipò all’evento “Pizze per la

Pace” a Gerusalemme, in un momento storico assai

importante, in pratica poco prima che scoppiasse

l’Intifada. Vincenzo e Raffaele Giustiniani, pizzeria Capatosta


L’esperienza mi ha portato a viaggiare a Dubai, Beirut,

Cina, Svizzera ma nella mia Napoli ho potuto cucinare per

Dolce e Gabbana durante la sfilata che si è tenuta alcuni

anni fa. Nel 2017, ho cucinato per i calciatori del Napoli e

per il presidente Aurelio De Laurentiis in occasione della

partita Napoli – Real Madrid per la Champions League,

utilizzando un forno a legna. Maurizio Jannicelli, pizzeria Napul’ è


Mio padre da ragazzo aveva un sogno, quello di diventare

cantante ma, purtroppo, non l’ha mai realizzato. Dovette

da subito intraprendere il mestiere del pizzaiuolo

assieme a mio nonno per portare avanti una famiglia così

numerosa come la nostra. Quello che però non riesci a

fare in vita, lo tramandi alle generazioni successive e noi,

essendo tanti, siamo un po’ tutti riusciti a realizzare un

pezzetto dei sogni dei nostri genitori. In particolar modo,

io come pizzaiuola e mia sorella Immacolata – in arte

Valentina Stella – come cantante. Teresa Iorio Le figlie di Iorio


Nella mia carriera ricordo la collaborazione con la Taverna

Neapolis di Luigi Manzilli a Marano di Napoli, uno dei più

rinomati locali della zona. Da addetto al forno in pochi

mesi diventai pizzaiuolo nonostante la giovane età. Ho coronato il mio sogno, mantenendo la

promessa che feci a me stesso circa dieci anni fa: ora la

mia vita è cambiata, ma io non dimentico le mie origini

perché se ho ottenuto questi risultati è anche grazie

all’umiltà d’animo che mi contraddistingue. Valentino Libro Libro’s



La magia del rapporto con i clienti. È una cosa fondamentale: Mio

padre era capace di instaurare un rapporto quasi di

amicizia con la clientela. Le persone si sentivano a casa

loro e, a distanza di anni, c’è chi si ricorda ancora di lui.

Una delle nostre specialità è sicuramente la pizza Due

Costiere, una sorta di omaggio a Re Ferdinando

Gennaro Luciano, Antica pizzeria Port’Alba


Ho cinquantacinque anni e faccio questo mestiere da

trenta. Ho iniziato il mio percorso quasi per caso, grazie

all’incontro con Gennaro Giustiniani, uno dei pizzaiuoli

più importanti della città, alla pizzeria di Spaccanapoli.

La sua passione per la lavorazione della pizza mi ha

stregato, trasmettendomi l’amore con cui si lavora

la farina. I suoi gesti e le sue parole erano per me un

dogma. Grazie a lui, ho incamerato segreti e aneddoti

solo osservandolo lavorare. Piano piano, da semplice

osservatore, ho iniziato a lavorare con lui come fornaio

e, successivamente, come pizzaiuolo. All’epoca,

dovevi “rubarti” il mestiere, non come oggi che esistono

corsi di pizzaiuolo in cui ti insegnano ogni passaggio.

Per ottenere la fiducia di un grande pizzaiuolo come

lui, dovevi dimostrare che ci tenevi, lavorando sodo,

scendendo presto la mattina e passando, a volte, intere

mattinate fermo a guardarlo lavorare. Con il tempo,

riuscì nell’intento, anche se la regola era una e ferrea:

mi avrebbe spiegato ogni procedura una volta sola ed

io, se davvero ero in gamba, dovevo riuscire a replicarla

al primo colpo. Ciro Magnetti pizzeria Olio e Pomodoro


Ricordo il “trucco dell’impasto” che mi insegnò mio

padre. È una sorta di trucco/non trucco, una specie di

gioco di prestigio. Mentre lavoravo la pasta a mano, mio

padre sospendeva il lavoro e buttava un cucchiaino di

una sconosciuta polvere bianca all’interno dell’impasto

stesso. Né io, né gli altri pizzaiuoli conoscevamo il

significato di quel gesto. Un giorno, mentre uscivo dal

bagno, lo beccai che scendeva con questo cucchiaino

di polvere. Allora allungai la mano e la assaggiai. Era

semplice farina. Ridemmo entrambi della cosa. Mio

padre voleva stimolare la mia attenzione e la mia fantasia.

Quando capì che il trucco era in realtà un semplice sfottò,

lui smise di portare il cucchiaio con la farina ed io avevo – Adolfo Marletta (giappone)


Uno degli episodi più divertenti della mia carriera risale

a quando facevo il servizio militare presso la caserma di

Udine. Anche se era, ovviamente, vietato, di nascosto

facevo il pizzaiuolo in diverse pizzerie. Era per un fatto

di passione. Non riuscivo a stare lontano dalla mia arte

e così, dopo i turni come guardia, mi recavo in pizzeria

e infornavo ogni genere di pizza per la clientela. Carmine Mauro, pizzeria 900


Proprio in Australia, durante la mia permanenza lavorativa

a Sydney, ho vissuto una delle esperienze più belle

della mia vita. Non riguarda alcun personaggio famoso,

attore o cantante, ma una semplice cliente napoletana,

emigrata quarant’anni fa in quel paese, lasciando così la

sua terra di origine insieme a tutti i sapori e le tradizioni.

Quando venne nel locale dove lavoravo, tra le tante pizze

presenti nel menù e che rientravano tra le mie specialità,

scelse la Carrettiera ossia la classica salsiccia e friarielli.

La signora comincia a mangiarla con un certo appetito

e, ad un tratto, noto qualche lacrima scendere lungo il

suo viso. La cosa, inizialmente, mi sembrò così strana

da generare preoccupazione. Cominciai a pensare

che forse avevo sbagliato qualche dosaggio. Magari la

pizza era troppo piccante e l’avevo disgustata. Così, mi

avvicinai e le chiesi in inglese se andasse tutto bene. E

lei, con un sorriso, mi rispose in italiano: “Grazie, con

questa pizza mi sento a casa”. Espedito Mauro pizzeria 33


A soli sette anni aiutavo i miei genitori nella preparazione

di alcuni piatti tipici, come ‘a zupp ‘e cozzeche (la zuppa

di cozze) e ‘o bror ‘e purpo (il brodo di polpo) nel loro

piccolo locale a porta Capuana. A pranzo, amavo

mangiare la pizza ma spesso non mi era possibile, poiché

i miei dovevano lavorare senza sosta e non potevano

allontanarsi troppo dalla cucina. Allora, da bambina

sveglia e perspicace, riuscì ad “accattivarmi” il pizzaiuolo

del vicino locale con cui avevo trovato l’accordo di farmi

preparare una pizza al solito orario del giorno. E a costo

di mangiarla raffreddata, non saltavo mai quel pasto. Col

tempo, mi promisi che un giorno, se avessi avuto una

mia attività, la pizza non poteva mancare. Ma sarebbe

sempre stata rigorosamente bollente!

Assunta Pacifico, a figlia do marenaro 


Nel 1889, Esposito ricevette l’incarico di

preparare, per i Sovrani di Savoia, la tanto popolare pizza

napoletana, pietanza di cui padroneggiava benissimo la

ricetta. Ne compose diverse, osando vari abbinamenti,

tra cui quello che riscosse l’interesse dei Savoia:

pomodoro, mozzarella e basilico. L’uomo dedicò quella

prelibatezza a Sua Maestà, la Regina Margherita, poiché

per lei aveva creato quel piatto dov’erano presenti i

colori della bandiera italiana. Da allora, la Pizzeria Brandi

fu investita con il titolo di “Antica Pizzeria Ristorante

della Regina d’Italia”, anche se i successori dei coniugi

Esposito gli diedero poi il nome “Brandi” in onore della

moglie di Salvatore Esposito. - Paolo Sara ed Edoardo Pagnani (Brandi)


Alcuni anni fa, penso doveva essere intorno al 2010,

durante una importante festa privata a Portici, ho avuto

modo di preparare pizze per diversi VIP. È stato un

momento importante perché è sempre bello prestare la

propria arte per gente del jet set e confrontarsi con realtà

importanti. Tra questi, ricordo Massimo Boldi, Cristian

De Sica e altri attori famosi. Luigi Petrone pizzeria Vesuvio


Alcuni anni fa, penso doveva essere intorno al 2010,

durante una importante festa privata a Portici, ho avuto

modo di preparare pizze per diversi VIP. È stato un

momento importante perché è sempre bello prestare la

propria arte per gente del jet set e confrontarsi con realtà

importanti. Tra questi, ricordo Massimo Boldi, Cristian

De Sica e altri attori famosi. Umberto Salvo, pizzeria amabile


Un ruolo importante però, oltre alla bontà della pizza

servita, l’ha svolto mia nonna Vincenza. Era infatti

lei l’anima della brigata, lei che aveva creato il motto

Guagliù m’arraccumanno, quanno ‘a gente s’aiza

a tavola s’adda arricurdà e nujie!” (“Ragazzi, mi

raccomando, quando la gente finisce di mangiare, si

deve ricordare di noi!”). E così era. Accoglieva i clienti

in modo da lasciare in loro il ricordo che li avrebbe poi

fatti tornare. Le parole con le quali mia nonna caricava

la sua squadra durante il lavoro sono tutt’oggi le

fondamenta della filosofia di questa pizzeria, oltre che

il più caro insegnamento che ho ricevuto. Sono per me

così importanti che ho deciso di farle scrivere su una

parete del locale dopo la ristrutturazione. Gennaro Tommasino pizzeria Bellini


Oggi insegno ai giovani che hanno la mia stessa

aspirazione. Io imparai a cuocere alla perfezione grazie

alle tante pizze bruciacchiate durante la gavetta. Per

spronarmi a fare meglio, il mio capo, durante la pausa

pranzo, mi faceva mangiare le pizze che bruciavo. Oggi

la cottura delle mie pizze è davvero molto apprezzata dai

frequentatori del locale per il gusto tipicamente ricco e

appagante, per gli impiattamenti fantasiosi e per le ricette

per pizze dai nomi altrettanto fantasiosi, talvolta ispirati

a quelli dei calciatori e degli allenatori della squadra del

Napoli, altra mia grande passione. Alcuni calciatori sono

anche clienti affezionati. La chiave di tutto sono le maniere

semplici e genuine come le materie prime dei piatti serviti

che, con i loro colori e profumi, portano a tavola le più

popolari preparazioni della cucina napoletana in chiave

nuova e rivisitata. Salvatore Urzitelli, pizzeria add’ò Guaglione


Un ricordo indelebile nella mia mente è rappresentato

dalla procedura degli impasti preparati da mio padre.

Era un momento topico. Quando lo osservavo lavorare,

vedevo in lui non solo arte e abilità, ma la vera e propria

passione per questo mestiere. Non l’ho mai dimenticato.

Ancora oggi, quando mi adopero per preparare gli

impasti, chiudo gli occhi e lo rivedo davanti a me. Questo

mi permette di concentrarmi tanto da poter impiegare

la sua stessa passione nella lavorazione del prodotto.

Sono state ore fondamentali quelle passate con lui. Salvatore Vesi


Un ricordo particolare lo lego alla creazione di una delle

nostre specialità, la Marghinara. È una pizza tradizionale

divenuta innovativa ed è nata per caso. È fatta con

ingredienti semplicissimi. In pratica, è una margherita

con bufala con aggiunta di filetto del Piénnolo ed

origano. Ha il sapore di una bufalina di Margherita con

un pizzico di Marinara. La sua creazione avvenne, si può

dire, per errore. Una cliente ci chiese una bufalina con

aggiunta di pomodori del Piénnolo. Mentre la preparavo,

si rovesciò il vasetto di origano ed una parte finì proprio

sulla pizza. Per scommessa, la feci portare comunque

al tavolo per vedere la reazione e la cliente ne rimase

colpita positivamente. Da quel momento, decidemmo di

inserire questa ricetta improvvisata nel menù. Diego Vitagliano Pizzeria 10


Mi piace ricordare il fatto che, negli stessi locali dove ora

c’è la pizzeria, vi era un antico forno dove mio nonno

realizzava il pane. È bella la consapevolezza di questa

continuità col passato. Il fascino era tale che dall’età di

tredici anni ho coltivato la passione per la farina. Durante

la mia carriera, ho avuto la possibilità di avere ospiti

diverse celebrità: Dolce e Gabbana, Gigi D’Alessio, Sal

Da Vinci, diversi attori e vari politici, tra cui Alessandro Di

Battista del Movimento 5 Stelle. Per lui realizzammo una

pizza a forma di stella.

Gaetano e Marco Zarelli Pizzeria Donna Sofia dei Tribunali


Nella nostra pizzeria si respira l’aria buona di casa.

Un’atmosfera raccolta, pochi tavoli, attenzione e cura

per il cliente che diventa come un amico con il quale

rilassarsi e divertirsi. Il nostro è un piccolo mondo

incantato fatto di impasti, ingredienti genuini, tradizione

ed un pizzico di sperimentazione che fa divertire i nostri

maestri della pizza.

Ecco perché, scegliendo i Decumani, si ha la possibilità di

immergersi completamente nel calore della nostra città,

nella sua cultura e nei suoi luoghi di maggiore interesse

artistico.

Ripeto, anche la posizione strategica è fondamentale.

Siamo a pochi metri dalla famosissima Napoli sotterranea,

dalla chiesa di San Domenico, dalla caratteristica

passeggiata lungo San Biagio dei Librai, ad un palmo

dalla meravigliosa Cappella San Severo, che attira ogni

giorno migliaia di turisti per il suo lustro e il suo fascino

misterioso.

Sono tutta una serie di buoni motivi per venire a trovarci,

provare la nostra pizza speciale e organizzare un magico

tour alla scoperta dei Luoghi di Napoli insieme a noi,

approfittando anche di qualche piccolo suggerimento Vincenzo Zarelli pizzeria Decumani


La mia fortuna, l’avrete capito, è stata principalmente la

mia famiglia. Mia moglie, mia madre, mio padre e mia

sorella sono la forza di questa mia passione. I miei genitori

sono stati il mio punto di riferimento fin da quando ho

cominciato a muovere i primi passi in questo mestiere.

Inoltre, fondamentale è stata la loro origine di pasticceri.

Un’attività dove sei costantemente a contatto con il

pubblico e in cui devi avere grandi capacità gestionali.

Loro la gestiscono da quarantadue anni e mi hanno

insegnato il sacrificio e la pazienza, punti fondamentali

in questo mestiere oltre, ovviamente, a saper incontrare i

gusti della clientela. La chiave del successo risiede tutta

in questo. - Silvio Zigarelli Pizzeria Nanà

NOTA. sono disponibili le immagini video

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